Essere felici: cosa serve, per raggiungere questo traguardo?
Counseling e felicità
In questi giorni, chiacchierando con la mia piccola community di Instagram, è emerso un tema sentito da molti. Le persone vogliono essere felici, smetterla di avere problemi, imparare a stare bene.
E, tutto questo, banale non è. Perché nessuno ci insegna ad essere felici, ad esempio quando andiamo scuola. Anzi.
Nessuno ci insegna a essere felici
Alle elementari e alle medie ci mettono a testa china sui libri, e non ci insegnano nemmeno ad entrare in relazione con gli altri. È per questo, secondo me, che le persone sono tanto infelici.
Mancano quelle basi che aiutano a costruire l’armonia con sé e con gli altri. Nessuno ci aiuta a volere ciò che ci piace. Nessuno ci allena, per preparaci a guadagnare i nostri sogni.
Serve invece qualcuno che ci insegni ad amare la nostra unicità. Cosa che, di rimando, aiuterebbe ciascuno ad avvicinare poi le persone giuste, e le situazioni adatte a noi.
Counseling: come si rivolve il problema dell’infelicità?
Innanzitutto, non dovremmo trattare l’infelicità come un problema, ma come un motivo di dedizione verso la nostra vita. Torniamo ad immaginarla, e a sentirla veramente nostra!
Forse ci sarà richiesto del lavoro, perché questo accada (quello che, ad esempio, nei tarocchi è chiamato il pellegrinaggio).
Counseling: ma le persone vogliono davvero cambiare?
Ciascuno di noi diventa infelice quando non riesce a scegliere, e là dove non può essere sé stesso. Siamo insoddisfatti se ci troviamo in situazioni dove non possiamo avere un’alternativa.
Non poter lavorare per la propria felicità (ad esempio perché mancano risorse economiche) è certamente il problema più complesso.
Penso soprattutto alle donne che ho ascoltato quando lavoravo nei centri antiviolenza. Molte non potevano andarsene di casa perché prive di un’entrata economica che consentisse loro di essere indipendenti.
Servono mezzi a sostegno della tua felicità
Il denaro è uno strumento che aiuta a fare spazio nelle nostre vite, consentendoci ad esempio di prenderci momenti di pausa per ripensare la traiettoria.
Cosa significa davvero lavorare per la propria felicità?
Nel caso di una donna che non può permettersi di andare fuori casa, quindi rivedere la propria direzione di vita, il vero cambiamento consiste ad esempio nel rendersi indipendenti. Nella testa, e anche economicamente.
Quindi? Serve amare le tappe intermedie
Con questo esempio intendo dire che, il nostro proposito di felicità vive spesso entro tappe intermedie, anche scomode.
Sono tappe che ci consentono, però, di mettere nella nostra cassetta degli attrezzi tutto ciò di cui noi abbiamo bisogno per raggiungere un obiettivo di gioia.
Counseling: supera quei problemi che indicano la via da percorrere
Una raffinata pianificazione del cambiamento è quello che ci serve. Non dobbiamo solo cercare la felicità, bensì occuparci della sua realizzazione, accettando soprattutto quelle tappe intermedie in cui, no, quella felicità non c’è ancora.
Il viaggio che una persona ha da compiere, per trasformare la propria vita (semplifico) da infelice a felice è il vero obiettivo del mio lavoro.
Ma, devo dirlo onestamente. Vedo poche persone disposte a fare scelte e sacrifici, per perseguire la direzione desiderata.
Molti sono intenti a pensare che non ci dovrebbero essere né problemi, né ostacoli. Tante persone detestano l’attraversamento dei conflitti. E va persa, in questi casi, l’occasione di fare anima, fare pratica della propria forza.
Imparare a costruire
Se c’è una felicità da costruire, è ovvio che debba esserci anche una pratica di presenza da mettere in campo, così da iniziare un viaggio che possa convertire l’infelicità in una vita personale e sentita.
È quando capiamo che dobbiamo metterci all’opera che, anche i problemi si trasformano in opportunità. Il cammino colmo di sfide che stiamo vivendo smette di essere l’elemento di intralcio. E si trasforma, piuttosto, nella via maestra.
Gli scontenti: possono, ma non si occupano di sé
Non è un giudizio. Ci sono molte persone scontente che non iniziano mai ad occuparsi di sé. Oppure, onnivori di consapevolezza, avidi di sapere che non attraversano mai il cambiamento perché non lavorano sulla propria pelle.
Ho citato solo alcuni esempi ma, in ogni caso, il problema è sempre lo stesso. La persona scontenta, che non si occupa di sé (per una causa o per l’altra) non compie il viaggio perché in ogni caso non ha una direzione chiara in testa.
Chi ama informarsi di tutto un po’, ad esempio, ha la mente così piena di nozioni e saperi, che si scorda l’importanza dell’ascolto.
Counseling: dal lamento, alla scoperta delle proprie risorse
Chi continua a lamentarsi non potrà puntare lo sguardo sulle proprie risorse interne. Nei percorsi di Counseling, chi lo fa si stupisce di sé, e apprende le competenze necessarie per andare oltre la difficoltà.
Per forza: basta spostare lo sguardo, passando dal lamento alla concentrazione.
Infine, però, come si risolve il problema dell’infelicità? Torno a quanto scrivevo nelle prime righe del post, e approfondisco.
L’infelicità non è un problema, ma è una chiamata alla presa in carico di sé, e della propria vita.
Non possiamo fare niente, per gli errori del passato. Ma abbiamo ancora tutti i giorni a venire, per dare una direzione ai nostri desideri. Se questo è ciò che vogliamo, dobbiamo imparare a riflettere sulle difficoltà, e ad agire in modo sensato.
Giulia Scandolara - Tarologa professionista, Gestalt e Art Counselor
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